Cronaca Semi-seria di due "sabaude" in trasferta a Rho-Fiera
di Monica Coppola e Miranda Martino
Vi è mai capitato di sognare un
ambiente e poi di descriverlo più o meno così: “ho sognato che ero al Salone
del Libro” ma non era proprio uguale...
Da torinesi in trasferta questo
paragone è inevitabile perché frequentiamo il Salone da quando è nato. È
cresciuto a Torino e noi siamo cresciute con lui. A nulla sono valsi i
tentativi di rinominarlo “fiera”. Per i torinesi è il Salone.
Quest’anno però gli è nato un fratello, Tempo di libri, residente a
Milano-Rho. Questa fiera ha visto la luce tra numerose polemiche. Noi ci siamo
state sabato 22 aprile e vi raccontiamo cosa ci è piaciuto.
La Fiera all'apparenza sembra
identica a quella del capoluogo torinese ma con la variante della
moltiplicazione per eccesso. Gli spazi
sono immensi, tanto che si fa fatica ad orientarsi.
A cominciare dal parcheggio in
cui vaghiamo una buona mezz'ora prima di trovare l'entrata.
Le sale delle conferenze che
Lingotto contrassegna con i colori qui hanno i caratteri tipografici.
Spiccano i grandi brand, che la manifestazione hanno fortemente voluto, ed abbiamo abbiamo l'impressione di passeggiare nella libreria di un centro commerciale,
ma amplificata all'ennesima potenza.
Ma, facendo uno slalom attento
tra gli stand dei Colossi, qualche chicca da gustare c'è: come i Cofaletti, packaging letterari che contengono
libri d'autore ispirati a prodotti di massa (dalla pasta al detersivo) l'area
relax con materassone, bagni senza code, bar e spazi snack a distesa spazi
bimbi a go-go, e padiglioni di show cooking che si alternano agli stand
stimolando l'appetito di pancia, forse ancora più che quello intellettuale. Ha
un che di familiare sfogliare un libro ed essere avvolti dal profumo di
soffritto: noi , da vere donne multitasking, spesso leggiamo davanti ai fornelli.
Il programma di incontri è molto
fitto e di tutto rispetto: piatto ricco mi ci ficco, tanto che è difficile
scegliere.
Il lato positivo è che puoi
vedere i tuoi idoli, in carne e inchiostro, senza le code sfiancanti che spesso
demotivano al Salone del Libro. Qui la ressa non c'è. Forse per gli spazi
ampi o forse perché l'affluenza è
nettamente minore ma non approfondiamo.
Noi scegliamo l’incontro con Vanna
Vinci, presentata da Chiara Valerio, curatrice del programma di TDL . l’occasione
è il romanzo illustrato Aida al confine. Scritto e disegnato da Vanna Vinci, la
sua prima uscita per Kappa Edizioni è
del 2003 (traduzione franco-belga, Aida à la croisée des chemins, ed. Dargaud, 2008)
e nel 2017 torna, arricchito di contenuti inediti, per Bao Publishing. Questo
libro si porta egregiamente i suoi 14 anni. Se siamo qui a parlarne, in un
mondo editoriale dove i romanzi hanno scadenze più brevi dello yogurt senza
conservanti, significa che possiamo considerarlo letteratura resistente.
Da qualche anno in Italia les
bande desinées sono considerate con la dignità culturale che meritano. E merita
Aida al confine, ambientato a Trieste in una città che appare sospesa. Qui Aida
incontrerà i fantasmi dei suoi nonni, che la condurranno attraverso un viaggio nel
tempo e nello spazio, dalla Grande Guerra ad oggi. I morti compaiono quando
hanno ancora delle faccende da risolvere e per farlo hanno bisogno dei vivi. Da questa riflessione si diramano citazioni e
racconti, come la Trieste de “Lo stadio
di Wimbledon” di Daniele Del Giudice, i rimandi cinematografici (Il sesto
senso, The Others) a cui fanno eco innesti di addetti ai lavori presenti e subito
coinvolti da Chiara Valerio: Enrico Terrinoni, traduttore di “Ulisse” di Joyce (Newton Compton, 2012) e
Marcello Fois, autore di noir, che racconta di come con i defunti si possa
intrattenere una comunicazione declinata al presente: dei morti non si parla al
passato perché sono sempre con noi. Si parla di fantasmi e di ossessioni,
letterarie e personali.
Fois ad esempio ci racconta del
dialogo immaginario (ma lo sarà stato davvero immaginario poi?) di sua zia con
Santa Rita. Dialogo che, quando andava in tilt, procurava un immediato
rovesciamento a testa in giù sul comodino del quadretto della santa.
La presentazione ci incolla alla
sedia, dall'inizio alla fine, animata dell'eloquio ritmico e coinvolgente di
Chiara Valerio come quello di Vanna Vinci.
Passiamo dai fantasmi di carta a
quelli personali cullata da una dialettica impeccabile, una grammatica italiana
che suona come melodia, da Dracula ai Peanuts, il tutto provando una segreta
invidia per la pin con simbolo apotropaico che Vanna Vinci ci mostra orgogliosa
sotto la giacca in total black.
Sono le 12.30, fuori impazzano
gli showcooking ma dentro la sala Futura l’atmosfera è divertita e sospesa. I
posti in prima fila sono vuoti, ma sarà davvero così? Sono forse riservati ai
fantasmi? Perché è chiaro che nella sala ci sono presenti e presenze.
L'incontro, da solo, vale
interamente il biglietto della fiera (ndr pagato a prezzo pieno perché gli
autori non risultano nell'elenco degli accreditati. L'unico modo per avere lo
sconto di cinque euro era andare poi allo sportello con i propri testi, stile
piazzista a dire qualcosa del tipo "Lei non sa chi sono io" Ma
preferiamo di no, ed optiamo per il biglietto on line, a tariffa piena).
Uscite da lì, per non seguire la
tentazione di tuffarci dentro uno showcooking , scegliamo di seguire Marcello
Fois che al Caffè Garamond passando per il suo
Quasi Grazia di Einaudi ci presenta due nuovi scrittori Italiani
Giuliano Tabacco (La Grande Mappa di Transeuropa) e Ida Amlesù (Perdutamente di
Nottetempo). Usciamo con un desiderio di iscriverci ad almeno tre corsi di
lingua a testa visto che la Amlesù, classe 1990, parla e legge in ben sette
lingue diverse.
Finisce che compriamo un
tramezzino, ci incantiamo allo stand di Asmodee che non pubblica libri ma
giochi innovativi e originali come Dixit, gioco di carte con la narrazione al
centro.
Miranda lo ha già io non ancora e
allora per essere originale ne compro uno che stimola cervello, riflessi e
memoria.
La sera al rientro mia figlia
Chiara, classe 2007, mi straccia dieci a uno.
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