
Quando ero piccola
l'estate spuntava insieme ai pantaloncini da basket, le code più alte per non
sudare, e le magliette con gli stampi che scomparivano al primo lavaggio.
Aveva il sapore dei
ghiaccioli (per i torinesi stick)
comprati con gli spiccioli che la mamma mi lanciava dal balcone, appallottolati
nei tovaglioli di carta.
Chiudevano le scuole e
palpitavano i cortili. Il divieto di giocare a palla ancora non c'era e, quando
c'era, non se lo filava nessuno.
La mia estate la
trascorrevo lì, a scorrazzare intorno a quel cerchio di cemento, chiuso da un
cancello che si apriva al primo soffio di vento. In quel cortile mi sbucciavo
le ginocchia o le banane a merenda quando i soldi per il gelato non
c'erano. Coltivavo amicizie e anticorpi scambiando chewingum di seconda
mano (per i torinesi cicles)
o bevendo a canna succhi di frutta barattati a metà. Anche da bambini valeva
sempre la stessa regola: l'erba del vicino è sempre più verde (e quindi la sua merenda più buona della tua).
La cosa peggiore che
poteva capitare era una secchiata d'acqua da qualche balcone, accompagnata da
parole che era meglio non ripetere. Se le mamme ci sentivano (e ci sentivano
sempre perché le mamme degli anni Ottanta erano dotate di orecchio bionico)
scattava il castigo e in cortile non ci facevano scendere più.
I bambini più
fortunati partivano con i nonni per tre mesi di villeggiatura oppure andavano
in Colonia.
Avrei voluto vedere
anche io questa benedetta Colonia di cui tutti parlavano.
La immaginavo una versione estiva del Paese dei Balocchi: mare, sole,
castelli di sabbia e gentili signorine pronte a esaudire ogni desiderio.
I miei non mi mandavano
mai però. Mia mamma diceva che per andare in Colonia serviva tutto un corredo monocromatico
di mutande, calzini, magliette e quant'alto che costava un patrimonio. Con tutti quei soldi, ci usciva una
settimana di campeggio a ferragosto. E poi io
mi divertivo così tanto in cortile!
Il che era anche vero almeno fino a quando si
giocava a Nascondino, Ce l'hai, o Strega tocca colore; diventava discutibile quando ai giochi d'azione subentravano
le avventure delle Barbie, spesso finte e con un abbigliamento precario ai
limiti della decenza; si trasformava in tragedia quando spuntava lui: l'Elastico.
Perché sempre sul più
bello arrivava qualche bambina nuova con un ghigno furbetto, un elastico da
mutanda lungo pressappoco un metro
e mezzo e uno spirito atletico che aveva deciso di palesarsi. E, come se niente
fosse, proponeva gare di salto con variante singola o a coppia, a eliminazione
diretta.
Le Olimpiadi
dell'Elastico si inauguravano così.
Per me, che non andavo oltre i
cinque minuti di gloria del salto al polpaccio, iniziava l'inferno.
Mi tramutavo in
qualcosa di simile alla Bambina Sfinge: in stato semi catatonico dovevo passare
interi pomeriggi a fare da palo umano per le amichette saltatrici. Che, nei giorni più lieti, si prodigavano a zampettare allegramente
anche fino al tramonto.
Per far passare il
tempo fissavo i balconi dei palazzi di fronte e fantasticavo sui panni stesi.
Avevo notato che i
bucati del lato destro erano sempre più allegri. Volteggiando nell'aria,
diffondevano note delicate di Coccolino. Illuminavano,
con le loro tinte vivaci, i terrazzini
degli appartamenti più grandi, quelli con due camere e tinello.
Sul lato sinistro,
riservato alle camere e tinello, i fili per stendere invece si rimpicciolivano
come i metri quadri degli alloggi. Dai balconcini penzolavano soprattutto tute,
blu o da ginnastica, intervallate con qualche canottiera a costa larga che profumavano di soffritto nei giorni feriali e di
ragù in quelli festivi.
Far asciugare i panni
al sole era comunque un lusso spesso riservato solo ai piani alti del condominio.
Quello dove abitavo io
aveva cinque piani per cui, sui panni stesi dei piani precedenti poteva piovere
un po' di tutto, a seconda delle stagioni: semi di anguria o noccioli di
ciliegia nei mesi estivi e gusci di nocciola o bucce di mela in quelli
invernali. Le briciole, invece, erano un evergreen.
I più fortunati erano gli abitanti dell'ultimo piano: i loro
bucati dovevano fare i conti solo con le cacche dei piccioni. Ma, se mettevi
una girandola colorata, si spaventavano e se ne migravano altrove, alla ricerca di altre toilette
Comunque, proprio
quando avevo preso gusto alla mia Indagine
dei panni stesi, le Olimpiadi
dell'Elastico vennero interrotte. La proprietaria dell'elastico annunciò fiera
che se ne andava in Colonia.
Si chiamava Romina,
era capace di saltare fino all'altezza
del collo, aveva la Barbie vera e abitava al quinto piano.
Certa gente, pensai,
ha davvero tutte le fortune.
Copyright Monica Coppola - Grafica Mariateresa Di Mise