Ho sempre viaggiato
principalmente sui mezzi pubblici, sopportando scossoni, pestoni, spintoni e zaffate,
che a confronto la Parigi narrata da Süskind sembrava Pitti
Fragranze.
Però la durata della pazienza
deve essere inversamente proporzionale all’incedere degli anni perché, qualche
settimana fa, esausta e barcollante dopo l’ennesimo viaggio infinito sul bus,
ho deciso di motorizzarmi anche io.
Noi di auto ne abbiamo una
sola e si chiama Carolina, che ha esattamente la stessa età della nostra
primogenita quindicenne. E forse, per affinità elettiva tra coscritti in preda
alle medesime turbolenze ormonali, mette in pratica lo stesso comportamento
imprevedibile, anarchico e a tratti irriverente. In parole povere Carolina, orgogliosa
di questi anni vissuti spericolatamente e indefessamente on the road, fa beatamente
quello che le pare, quando le pare. Come nostra figlia appunto.
E così un bel mattino ha
deciso che le chiavi di scorta probabilmente erano una roba di serie b che lei,
alla sua veneranda età e dopo anni di egregio servizio ha scelto di ripudiare.
Senza troppi complimenti si è
intestardita come un mulo e a noi è rimasta una sola chiave di accensione a lei
gradita, che ci passiamo uno con l’altro, avvolta in panni candidi di lino
purissimo, come una reliquia.
In un secondo momento ha
mandato in tilt la chiusura centralizzata in un modo tutto suo: in pratica mi
costringe a chiudere a chiave ognuna delle quattro porte e poi rifare il giro
di controllo, un numero x di volte, con un’ansia patologica crescente, stile Avrò chiuso il gas?
La mazzata finale è arrivata
in una notte buia e tempestosa, ma poi neanche tanto perché a pensarci bene era
estate, quando dei bipedi dal cervello come un gheriglio di noce l’hanno
profanata sventrandole i tergicristalli come una scatoletta di tonno Rio Mare.
Per aiutarla a superare il
brutto momento abbiamo iniziato ad essere più carini con lei, ognuno a suo
modo.
Io ho realizzato home-made un meraviglioso calzino da
basket in spugna, tutto imbottito di sale grosso, con miracolosi poteri
anticondensa.
La piccola Chiara ha
abbandonato nel vano portaoggetti un plumcake spiaccicato probabilmente di era
mesozoica e mio marito – non ho capito perché – ha piazzato un grosso sombrero
sul pianale posteriore.
E dire che in Messico non ci
siamo nemmeno mai stati, né noi né tantomeno Carolina.
In attesa di scoprire che
mistero si cela dietro la comparsa del sombrero, io e lei cerchiamo di
barcamenarci come possiamo, considerando la mia scarsa attitudine alla guida e
i suoi acciacchi.
Che tradotto sta per: io non
sono Hamilton e lei non è una Ferrari.
Vogliamo stare lontane dai
grattacapi e dalle infrazioni e quindi ogni mattina trotterelliamo pacifiche,
ligie agli attraversamenti pedonali, ai limiti di velocità, ai gialli lampeggianti
e alle precedenze a destra.
In realtà la questione delle
precedenze è delicata perché io soffro di disorientamento destra sinistra e
certi incroci mi ricordano quei terrificanti quiz stracolmi di macchine
rosse-gialle-verdi-blu con freccette schizofreniche girate in ogni direzione.
Per essere sicura di non
combinare danni con la precedenza io e Carolina siamo piuttosto galanti e
generose: la diamo a destra e anche un po’ a sinistra.
Quando siamo di buonumore ci
mettiamo a canticchiare.
Quindi le nostre mattine in
realtà potrebbero filare lisce come l’olio se non fosse che c’è sempre qualcuno
che viene a romperci i paraurti.
Una strombazzata di clacson che
ti toglie dieci anni di vita, solo perché hai osato fermarti invece di spiaccicare
direttamente sull’asfalto stile Willy Coyote,
il nonnetto zoppo con la shopper ecologica e il Jack Russell dal collarino
rosso.
Un sorpasso a tradimento su
doppia striscia continua con zampillo finale a iniezione diretta nel finestrino
di monossido di carbonio, idrocarburi
e ossidi di azoto perché hai rallentato al giallo. Così tanto, da purificare
epidermide e polmoni in un botto solo. E cancellare in un colpo di spugna, la
pelle di porcellana ottenuta con l’idratante di YSL pagato a rate.
Se
poi ti prende il desiderio di tentare un’arguta manovra in un parcheggio che
sia diverso dalla lisca di pesce, allora la situazione si fa davvero seria.
Anche
perché non appena ingrani la retromarcia e cominci a indietreggiare, quello
spazio che solo pochi istanti prima sembrava ampio e confortevole, diventa angusto
e ristretto, stile golfino post centrifuga.
E
allora sono attimi di panico vero. Perché sei lì con il sedere
dell’auto a levante e il muso a ponente, gli occhi strabuzzati e il terrore di
sfiorare la scintillante SLK metalizzata
che avresti giurato che un attimo prima non ci fosse, e dannazione ora è
proprio a pochi centimetri dal traballante parafanghi di Carolina.
O di frantumare il fanale
stile cartoon della stronzissima Smart
che sembra fissarti come a dire: «Vedi? Io mi parcheggio anche tra gli interstizi
di una striscia pedonale» e quasi senti il suo sogghigno malefico.
E nel frattempo tutto intorno
è un karaoke di clacson che impazzano, finestrini che si abbassano, dita che si
alzano e mi fermo qui, perché siamo in fascia protetta.
Allora sia io che Carolina che
di solito siamo per la non violenza, decidiamo di non agire: schiaccio il tasto
delle sicure, chiudo gli occhi e mi preparo al peggio.
Che arriva con le sembianze di
un paffuto autocarro giallo arancio dalla bambolina tirolese che dondola allo
specchietto, aggancia la fiammante SLK e se la porta via.
Nel posto libero resta il
vecchietto claudicante con il Jack Russell della mattina che mi strizza
l’occhio e mi mostra un cartello, ed io capisco che siamo state miracolate da
un divieto di sosta.
Ammutoliti dalla scena, anche
gli animi incarogniti degli altri automobilisti si placano. Del resto hanno già
sfogato la dose mattutina di ira quotidiana e possono riprendere il loro tranquillo
tran tran: le donne si incipriano il naso con sguardi furtivi al retrovisore, i
maschietti si sistemano la cravatta.
Qualche pensionato sbuffa
perché il divertimento è finito troppo presto e non resta che tornare ad
osservare gli interminabili lavori dei cantieri a cielo aperto nella metropoli.
Oppure di aspettare con
trepidazione il prossimo giallo lampeggiante…
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