Ed ecco qui che, a grande richiesta torna a farci visita Massimino.
E ci racconta cosa pensano realmente i nostri compagni di vita (e di multisala) quando li costringiamo a sorbirsi in Full HD la visione dei nostri perduti sogni. Ormai sbiaditi come le mutande (sempre le sue, per inconsapevole vendetta) al secondo lavaggio. Perché anche i tessuti come i cinema, si sa, non sono più quelli di una volta.
Gli agognati templi dell'amore, in cui senza passare dalla tortura del posto assegnato, ci si rifugiava nelle poltroncine in ultima fila, sfiorando il gusto del proibito e delle patatine al formaggio portate da casa.
Ma solo il lunedì quando il biglietto costava meno.
Lettori e lettrici, buio in sala e parola al Dé Gorgus.
Buona Visione!
Entrare con la
fidanzata nella hall luccicante di un cinema multisala ti fa sentire per un
attimo come se stessi per sposarti. Il mondo si sta schiudendo davanti con le
sue infinite possibilità. Tu stai pensando al sesso. Lei all'amore. E alla fine
ti tocca il film d'amore.
Eh sì, perché la
scelta del film è stata l’ultima fase della negoziazione che si è scatenata nell’agone
duale sin dal venerdì pomeriggio.
Quando già sai che alla
fine lascerai a lei la scelta del titolo. Perché lei il film lo selezionerà sicuramente
più intelligente del tuo. D’altra parte, di cosa potrebbe parlare con le
colleghe il lunedì se accettasse la domenica sera di vedere il tuo Fast & Furious 8?
Il problema è di
cosa possa parlare io coi colleghi quando m’è toccato sciropparmi La La Land. Meglio presentarmi in ufficio
con gli occhiali scuri, dichiarando in stile politico un’uveite del fine
settimana, con la speranza che nessuno mi abbia individuato nel multisala.
Ma è già il concetto
di multisala che mi indispone. Voglio dire, da ragazzino, a Livorno, le sale
erano tutte in centro. Si prendeva la bicicletta, si faceva il giro degli
amici, si arrivava in 10 minuti sudati e contenti a vedere i film fantasy, o western.
Ora a Livorno, la sera in centro, è rimasta l’ambientazione da film western: polvere,
qualche ubriaco per strada e balle di rotolacampo che passano portate dal
vento.
Perché ora i cinema delle
città italiane sono fuori dalle città italiane, nelle zone degli orrendi centri
commerciali. Dentro hanno colori sparati, l’odore di burro fuso e disinfettante nell'aria, tipo Autogrill, o mensa
dell’ospedale.
E poi le casse. Tutte
col display ansiogeno, quello che lampeggia il numero di posti rimanenti, in
progressiva diminuzione. Che alla fine, nella sensazione di star perdendo l'ultima
chance nella vita, ti vien voglia anche a te d'andare a vedere La La Land!
E allora,
sgomitando, compri i due biglietti. Coi posti assegnati automaticamente: i migliori,
computerizzati, indiscutibili. Per scoprire poi che dentro sei in una platea da
300 poltrone, e ci sono solo 7 coppie a sedere. Però tutte piazzate obbligatoriamente
in fila, una davanti all'altra.
Così, dopo la pedata
d’unghia d’alluce sullo scalino e l’imprecazione soffocata, ti sforzi per
vedere al buio il numero sul biglietto. Finché non lo illumini con la torcia
del telefono e lei ti scorge l’ultimo whatsapp che hai inviato agli amici prima
d’entrare: “Che palle, m’è toccato andare a vedere La La Land!”.
E mentre lei ti
guarda male, vi sedete al vostro posto, rigorosamente dietro l’ultima coppia,
giusto in tempo per le pubblicità finali, quelle dei negozi e delle società di
provincia.
Le réclame con
l'immagine fissa, la belloccia truccata male, la scrittina verde con la partita
IVA e la ragione sociale dell'attività: prima il cognome e poi il nome del
proprietario.
Ma finalmente parte
la musica e comincia il rutilante La La
Land. E dopo due ore e un quarto, quando scorrono i titoli di coda e si riaccendono
le luci, l'effetto è quello di essere sorpreso nell'intimità, di svegliarti nel
tuo lettuccio con un mondo di estranei che ti guarda. Tenti di commentare
qualcosa d’intelligente, fingendo d’esser stato sveglio. Ti alzi coi pantaloni
sommersi dai popcorn che ti sei rovesciato addosso. Provi a riacciuffarne un
paio belli grandi dall'incavo della poltrona, ma lei ti fulmina con lo sguardo
Così ti avvii
all'uscita, che credi sia l'opposto dell'entrata. Eh no! Perché un tempo
l'uscita, trionfale, era dalla stessa parte dell'ingresso. Ma con questi
maledetti multisala sotterranei, siamo pedine di un processo industriale: esce
uno, entra l'altro.
E allora dopo il film ti fanno salire in fila indiana dai
bugigattoli, dalle scale della vergogna, dagli antri fetidi. Come se degli
amici ti invitassero a casa e dopo averti offerto la cena, ti dicessero:
"Vabbè, ora arrivano altri ospiti, ti spiace levarti di torno? Già che ci
sei, pìgliati il sacchetto dell’umido. Passa pure di qua, dalle cantine".
Questa è l’uscita
dal multisala. Quando hai finito di risalire dagli inferi, improvvisamente non
si sa come ti ritrovi per strada in un angolo buio in mezzo ai bidoni della
spazzatura, a 500 metri dall’ingresso del cinema.
E da lì riesci a
scorgere a malapena la hall luccicante e il grande cartellone coloratissimo: “Imperdibile!
Oggi Fast & Furious 8”.
Copyright Massimino Dé Gorgus
Ecco dunque la sintesi del "Senso di Massimino per i Multisala".
A dire il vero qualcosa in proposito l'avevo scritto anche io. E lo potete leggere QUI.
E voi, invece, cosa ne pensate? Potete dire la vostra qui o su Twitter
direttamente a Massimino @MDeGorgus e alla sottoscritta @violavertigini
Tanto, con questo caldo, non penserete mica di andare al cinema no? ;)