Venerdì
13
Appartamento
nella ridente periferia torinese.Ore
20,00 circa -Interno -Cucina.
Affetto zucchine e sbatto uova mentre, sullo schermo, un
panciuto imbonitore tenta di convincermi ad acquistare un dissipatore da
lavello.
Arriccio il naso pensando alla presenza inquietante di quel
Mostro Tritatutto sotto al lavandino.
Mi impressiono con facilità tanto che ho fatto portare via
il ceppo di coltelli dalla cucina.
Vederlo lì, apparentemente innocuo tra poggiamestolo e
guanti da forno mi dava l'ansia. Faceva troppo film horror. Stesso motivo per
cui aborro le tende da doccia, i tricicli e i lunghi corridoi.
E proprio mente penso alle mie paure tutto cambia: il
frullino si affloscia, l'imbonitore tace, la luce scompare.
Black out. Con tanto di colonna sonora però. Sento un
cigolio acuto e prolungato. Simile ad un miagolio stridulo e acuto che
accompagna la porta del soggiorno che si apre lentamente. Il sangue si
trasforma in un polaretto alla ciliegia. Anche perché io non possiedo nessuno
gatto.
Avverto come un'inquietante metamorfosi in quella che fino a pochi istanti prima era la mia casa dolce casa: mi sembra che i paciosi putti sulle mensole assumano un ghigno satanico e la bambolina souvenir dei tropici, senza volto, inizi a roteare su se stessa. Non mi era mai piaciuta in effetti.
Avverto come un'inquietante metamorfosi in quella che fino a pochi istanti prima era la mia casa dolce casa: mi sembra che i paciosi putti sulle mensole assumano un ghigno satanico e la bambolina souvenir dei tropici, senza volto, inizi a roteare su se stessa. Non mi era mai piaciuta in effetti.
Poi un tac. Un
nuovo colpo. Secco. Che a momenti ci resto secca anche io che nel sobbalzo
rischio di decapitarmi la falange.
Che diavolo sarà?
Passo in rassegna manifestazioni paranormali, possessioni
demoniache e presunti squartatori assassini.
Il cuore in rafting lancia segnali di MayDay . Qualcosa con un cappuccio nero in testa
si sta materializzando in soggiorno.
Indietreggio verso l'angusto cucinino tastando affannosa
alla ricerca di un qualsiasi oggetto più o meno contundente.
La Cosa intanto, avanza nel buio del mio soggiorno con
inusuale agilità.
«Tutto bene?» mi domanda.
Ah guarda. La Cosa
cerca anche di instaurare un dialogo. E pretende del cibo. Un classico. Si
socializza con le vittime per carpirne la fiducia e poi farne del
sushi.
Ma io non ci casco. Agguanto anche un cucchiaio di legno e mi preparo a lottare per la mia incolumità quando un fascio di luce mi esplode in viso.
Ma io non ci casco. Agguanto anche un cucchiaio di legno e mi preparo a lottare per la mia incolumità quando un fascio di luce mi esplode in viso.
Oddio l'invasione degli Alieni. Chissà se gli piace la
frittata di zucchine.
Tengo gli occhi ancora chiusi e La Cosa inizia a toccarmi.
«Mamma? Mamma ma che hai?»
Lentamente li riapro e solo allora comprendo che La Cosa ha
in realtà le generalità della mia primogenita.
«Mi hai fatto prendere un colpo», riprendo fiato cercando
di rianimarmi su una sedia, «Non dovevi essere al cinema?»
«Sì, ma tutti gli horror erano sold out. C'erano solo posti
per Oceania .Ti pare?», e fa una smorfia di disgusto, «Mi cerco qualcosa in
streaming va», e scompare chiudendo la porta che, ovviamente adesso di cigolare
non ci pensa nemmeno.
In fondo la capisco anche. L'indigestione da scary
movie è tappa obbligatoria. Quasi un
rito adolescenziale che sta cronologicamente tra La Prima Comunione e La Cresima. Andate e
vedetene tutti.
Che tanto con le paure prima si impara a fare i conti e
meglio è.
Io per esempio ho avuto una formazione precoce sul campo
grazie alla convivenza forzata con "La bambola che cammina".
Uno dei miei incubi peggiori: una creatura in plastica,
gomma e pupille cerulee alta quasi quanto me, giunta in dono mentre soffiavo
otto candeline.
Poteva essere un bel regalo se sognavi un futuro nel magico
mondo della riabilitazione fisioterapica, perché per farla camminare dovevi
passarle una mano sulla schiena e spingere nel modo giusto l'arto inanimato
affinché le gambe spingessero in avanti. Ma per me, che ho sempre odiato Candy Candy - vuoi mettere Lady Oscar? - e le
sue compari, non ci fu regalo peggiore.
Quell'essere sobillava gli aspetti più tetri della mia fantasia: di
notte tremavo in preda al terrore pensando che non appena mi fossi addormentata
quella mi avrebbe fatto a fettine.
Riuscii, con grande stupore dei miei, «Come sarebbe che non
ti piace? È così… grande!», a farla sloggiare in camera da letto. Dove venne
poi riciclata come inquietante poggia abiti.
Fino a quando mia madre non andò in fissa con la forma
fisica e allora acquistammo una cyclette.
Il manubrio in effetti permetteva di agganciare con
facilità una serie di pantaloni e giacchette che Bambola che Cammina non si
sognava nemmeno.
Finì in balcone, accanto ai gerani e alla cassetta degli
attrezzi.
Restò lì non so per quanto tempo, avvolta da un cellophane
trasparente. Ogni volta che sbirciavo dalle tendine le richiudevo in fretta: mi
pareva di avere una salma da terrazzo.
Nessun colombo osò
più mettere l'ombra di un becco sul nostro balcone.
Diventai grande sperando nell'irruzione dell'FBI e di una
tazza di Ciobar con Fox Muller.
Non accadde mai. Mi ritrovai invece su poltroncine anguste,
aroma di olio di semi, con fronte-naso-occhi spiaccicati sulla spalla del fidanzatino di
turno molto meno avvenente, mentre Freddy
Kruger si sfilettava il malcapitato di turno in alta definizione.
Del resto con gli artigli ferrosi dovevo ancora prenderci
confidenza. Mi aiutò Edward Mani di forbice e sopratutto il poster a doppia
pagina di Johnny Depp, omaggio di una fanzine insieme a un gloss alla fragola.
Mi passavo sulle labbra quella pallina girevole e tempestavo
il poster, appeso con cura in cameretta, con una cascata di baci liquidi al
profumo di fragola.
E finalmente la paura si era tramutata in qualcos'altro. Di
decisamente più piacevole.
Un solletico all'altezza del cuore.
Avevo anch'io quella bambola. Devo dirti altro?!
RispondiEliminaCioè...BCC Bambola che cammina in plastica e capelli posticci????
RispondiEliminaUna bambola così me la regalò la sorte, il giorno di un mio compleanno. Ero con la mia famiglia ad una chiassosa festa patronale, nella calura di una sera di metà agosto. Un gioco, protagonista un criceto in una specie di piccola arena, una sorta di miniatura del colonnato di piazza San Pietro. Sopra ogni varco, ogni due colonnine, c'era un numero. Quel criceto si andò ad infilare sotto il varco numero 14, proprio quello che avevamo sul biglietto acquistato, e a me toccò in sorte la bambola. Avrei preferito il criceto.
RispondiEliminaAhhhh!!! Me lo ricordo il gioco del topino nelle tane! Mamma mia, quanto tempo!!
Eliminaps. La mia BCC si chiamava Luciana. Se avesse avuto un criceto temo che se lo sarebbe ingoiato di notte, tutto intero, come i pitoni ;)