So per certo di essere una grafomane incallita (esiste
qualcosa di più soddisfacente di un monologo in Calibri 12, che scorre
ininterrotto tra le infinite pagine di Word?).
Ma quando le rassicuranti parole stampate devono diventare
sonore e squillanti davanti ad interlocutori sconosciuti, sono assalita dal
consueto panico dell’esordiente.
Con la promozione di Viola, capitombolo spesso in situazioni
nuove e ogni volta sono torcibudella e notti insonni a crogiolarsi e a
chiedersi “Perché?” come canterebbe a
squarciagola il buon Tiziano.
Perché parlare in pubblico fa davvero paura, credetemi.
Tuttavia, ogni volta che puntualmente vengo assalita dalla
sensazione di aver detto una plateale castronata, mi cospargo il capo di cenere
confidando nella memoria a breve termine e sperando nell’assoluzione del verba volant, scripta manent.
Fino a quando non è arrivata la proposta di Marta e Samuele: realizzare
una video intervista per il loro Blog Primediecipagine.
E lì ho pensato: “Accidenti, questo è un caso di verba manent! E adesso come faccio?”
Mi sono subito venute un sacco di idee, ovviamente tutte assolutamente geniali.
La prima è stata quella di girare il video in un negozio di fiori per ricreare alcune scene del romanzo.
La prima è stata quella di girare il video in un negozio di fiori per ricreare alcune scene del romanzo.
Il mio dialogo con il fioraio prescelto è andato più o meno
così:
«Possiamo venire da lei a girare una video intervista?»
«Certo, quando sarebbe?»
«Sabato 31 ottobre . Va bene intorno alle 10?»
Un silenzio di tomba ha accolto la mia richiesta e poi: «È
uno scherzo, vero?»
Ecco in quel momento ho capito tre cose:
1. Che è il calendario non è un optional e magari guardarlo
ogni tanto può evitare anche qualche figura da ravanello;
2. Il motivo per cui le rotonde dell’hinterland, solitamente
lasciate in balia di putrescenti microrganismi assortiti, da qualche giorno
pullulavano di petunie;
3. Perché i parcheggi dei campi santi erano diventati più gettonati
di quelli degli Outlet nella stagione dei Saldi.
E ho riflettuto che forse presentare Viola in un tripudio di
crisantemi non era proprio una gran botta di vita.
Il giornalista, che ha le idee più chiare delle mie, propone di
incontrarci in centro, davanti alla Feltrinelli di Piazza C.L.N.
Decido che è meglio non proporre alternative e quindi taccio,
acconsento e inizio a pregare.
Se il filmato farà schifo, alla peggio posso sempre
distruggere il nastro, frantumare la videocamera o ingerire carni rosse
lavorate fino a stramazzare al suolo.
Sabato mattina arriva puntuale ed io, per una volta, sono
leggermente in anticipo.
Così resto per un po’ con il naso appiccicato alla doppia
vetrina di Feltrinelli, sbavando letteralmente sui best-seller da milioni di
copie, con tutta la sana e robusta invidia del caso.
Nello stesso istante, un micragnoso carlino dal ridicolo
impermeabile – forse stremato per l’ardua ricerca di uno pneumatico in zona blu
– sbava sui miei nuovissimi tronchetti, iniziando a considerarli una valida
alternativa alle sue impellenze fisiologiche.
Mi sposto una frazione di secondo prima che accada il peggio.
Ma intanto sopraggiunge un nano vampiro, divoratore di
focaccia, che indossa un cappellino appuntito, di due misure più largo della
sua circonferenza cranica. Che ovviamente gli ricade sul naso a due passi dalla
sottoscritta e il mostruoso moccioso non trova di meglio che avvinghiare le sue
manine bisunte alla tasca del mio cappotto, per non finire di schianto con le chiappe
sul marciapiede.
«Aristide, ma cosa fai?», lo rimbrotta mamma pipistrello
sistemando il suo cerchietto e rialzando il copricapo sabotatore, «Ti sei fatto
male?»
Più che altro si è
fatto male il mio cappotto! rifletto osservando quell’impronta a cinque dita che ora esibisco
all’altezza della milza, sulla preziosa sfumatura carta da zucchero.
«Lo scusi, eh. Buon Halloween!» gli fa eco papà pipistrello,
avvolgendolo con il suo protettivo mantello nero. E tutta l’allegra famigliola
si allontana svolazzando.
No, come sarebbe lo
scusi? E il mio cappotto? Mostro!
Finisce così,senza nemmeno un CID?
Sto ancora meditando vendetta – anche perché io vampiri e
affini proprio non li sopporto – quando il motore rombante di uno scooter mi
avvisa che Marta e Samuele sono arrivati.
E purtroppo, con loro c’è anche un potente alieno a tre piedi,
dotato di misteriosi poteri allunganti, conosciuto ai più con il nome volgare
di telecamera, ma solo per copertura.
L’infernale aggeggio sta già zoomando pericolosamente verso di me.
E la mia prima domanda è: «Adesso dove caspita dovrò
guardare?»
Guardo la telecamera e
ignoro il mio intervistatore? Guardo il giornalista e ignoro la telecamera?
Guardo da entrambe le
parti sperando nell’effetto magnetico e sensuale dello strabismo di venere?
Sto ancora cercando un orientamento – e anche un posto dove
mettere le mani – distratta dal tipo con il carlino che osserva tutto
ringalluzzito la scena, mentre il suo cane continua a spasimare per i miei
stivaletti.
Marta si posiziona dietro la telecamera e dice: «Uno , due,
tre, ciak!» come nei film.
Mi sorride per tranquillizzarmi e io le sorrido a mia volta
guardandola, anche se gli altri non la vedono.
Samuele sistema il suo inseparabile giubbotto da aviatore, poi
l’audio e parte con le domande.
E in un lampo io e Viola siamo su Primediecipagine.
Questo è il nostro primo YouTube…
Che hai tu contro i crisantemi?!!
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RispondiEliminaLi adoroooo ovvio:) ;) ma vuOi mettere le viole? ??
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